Drive my car


È singolare che sia un’automobile la protagonista di uno dei film più apprezzati dalla critica nel 2021. Non l’ardente e focosa Cadillac di Titane che tanto ha turbato Moretti ma la rossa, muscolosa e squadratissima Saab 900 Turbo, nell’ultimo film di Ryusuke Hamaguchi, Drive my car (2021)  premiato a Cannes lo stesso anno per la miglior sceneggiatura e ai Golden Globe il 10 gennaio 2022 come miglior film straniero.

Quando si mette in moto, fa un rumore sordo come un gorgoglio di acque profonde ma non parla, non recita e non agisce. È un cuore rosso fuoco che si muove agile nel panorama monotono di una città invasa da Hyundai e Honda bianche e grigie . Amatissima dall’altro protagonista, il regista e attore di teatro Yusuke Kafuku, che la guida per lunghi tratti, per accompagnare la moglie sceneggiatrice al lavoro e per provare e riprovare, con l’aiuto di una musicassetta su cui ha registrato tutte le battute, le pièce a cui sta lavorando.

La moglie, Oto, ha una caratteristica singolare: inventa le sue migliori sceneggiature durante il sesso, quasi inconsciamente. Le storie arrivano nella fase più intensa dell’amplesso, ma le dimentica pochi minuti dopo, come succederebbe con una trance. In automobile, la mattina dopo, il regista e marito le racconta e lei prende nota.

Colpita da un’improvvisa  emorragia cerebrale Oto muore e Kafuku (che 23 anni prima aveva già perso la figlia per una polmonite) si trasferisce a Hiroshima per gestire un laboratorio teatrale che mette in scena una versione multilingue di Zio Vanja di Cechov, ma la direzione per motivi di sicurezza assicurativa non gli permette di guidare la preziosa Saab.
Ma c’è un’autista pronta: si chiama Misaki, ha 23 anni, e sarà una chiave importante per affrontare i lutti di Kafuku, nelle lunghe ore di guida prima molto silenziosa e poi sempre più chiacchierata da casa verso il teatro e viceversa.


Anche il giovane attore interprete di Zio Vanja, Takatsuki, che aveva conosciuto Oto in circostanze non del tutto piacevoli per il marito Kafuku passa per l’abitacolo della Saab e anche Misaki ha un lutto da elaborare e superare: la Saab si trasforma allora in un lettino terapeutico perfetto, un confessionale mobile, dove è possibile curare le proprie ferite attraverso il veicolo della parola.
Lì Kafuku e Misaki lasceranno affiorare i segreti nascosti del loro passato e stabiliranno un legame più significativo di quanto si aspettassero.

Alla fine del film rimane la piacevole sensazione di essere stati passeggeri di un viaggio bellissimo. Un viaggio lungo tre ore in cui abbiamo spiato nella vita di Kafuko e Misaki senza alcuna voglia di scendere dalla sua Saab 900 rosso fuoco.
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